Grazie Luigi, quel bambino del quartiere ZEN di Palermo lo ripeterà ancora per molto il nome di quella persona entrata improvvisamente e nel modo peggiore nella sua vita e poi diventato il suo faro guida.
Un giorno qualunque, lui, dieci anni, è a casa con i genitori al quartiere ZEN di Palermo, un quartiere difficile della città siciliana dove una Stazione Carabinieri, la Stazione San Filipo Neri aperta da poco, rappresenta l’unico riferimento concreto dello Stato. Proprio da questa Stazione Carabinieri arrivano i militari che squarciano la giornata di Simone (nome di fantasia).
In poco tempo i Carabinieri portano via il padre in manette, Simone guarda quei due Carabinieri e li osserva senza capire cosa stia succedendo. Il padre sparisce nella macchina blu dei Carabinieri, sirene, lampeggianti ma non è un gioco, è la vita.
La mattina dopo Simone deve andare a scuola, il padre non è a casa, non osa chiedere il motivo della sua prolungata assenza, va a scuola sapendo di dover giocare una bella partita di basket con gli amici.
La partita ha inizio e ad arbitrarla ci sono due ragazzi in tuta ginnica, proprio due Carabinieri della Stazione di San Filippo Neri, coinvolti nel progetto “Alleniamoci” che ha lo scopo di avvicinare i militari ai bambini del quartiere quali difensori della legalitĂ . Un progetto eccezionale che mostra ai bambini il vero spirito dei Carabinieri: inflessibili con chi non rispetta le regole, ma con un cuore grande.
Nessuno dei bambini conosce quei due ragazzi tranne Simone, lui vede subito quell’uomo che ha portato via in manette il padre. Non può giocare con lui, corre via piangendo dalla maestra e grida: “Lui ha portato via mio padre”. Nulla riesce a convincerlo a tornare dai compagni, a giocare con quell’uomo in tuta che stava arbitrando la partita.
Quella giornata, che doveva essere un momento di distrazione, sembra quasi aver peggiorato la situazione, fin quando non è proprio lo stesso Carabiniere, Luigi, ad andare verso di lui, a sedersi accanto a Simone e a parlarci. “Vedi Simone, io qui sono l’arbitro e devo punire chi sbaglia, chi non rispetta le regole del gioco, lo faccio perché così tu puoi giocare con i tuoi compagni e divertirti, nella vita sono Carabiniere e faccio rispettare le regole, proprio come in una partita di basket”.
L’espressione di Simone cambia, le maestre che gli stanno vicino lo vedono cambiare repentinamente atteggiamento: “Luigi, ma allora tu non sei cattivo? Vuoi solo che mio padre rispetti le regole e poi potrà tornare da me?” “ Si Simone, io voglio che tuo padre possa giocare con te, abbracciarti e starti vicino, dopo aver rispettato le regole”.
Simone capisce allora il motivo di quell’intrusione nella sua vita del giorno precedente, si vergogna, vuole andare via, piange e solo un forte abbraccio con il Carabiniere arbitro riesce a consolarlo. “Tutto si sistemerà vedrai” gli dice Luigi, tutto sarà come prima e quell’abbraccio suggella ancora una volta quanto la fermezza di un Carabiniere sia strettamente legata al suo cuore grande.